domenica 26 maggio 2013

Un interessante commento sul libro

I giorni dell’acqua verde

Quando Vincenza Fanizza mi ha chiesto di scrivere  qualcosa sui miei anni dell’inconsapevolezza, ho dovuto vincere una certa resistenza iniziale, prima di buttare giù le prime frasi, poi come  succede spesso, quando ci si mette a tavolino a scrivere, da una frase sono venute altre frasi e il racconto sembra quasi essersi composto automaticamente. Un miracolo della mente sollecitata dalla  richiesta di ricordare. Dall’acqua verde della giovinezza traspaiono volti, situazioni, colori che credevo dimenticati per sempre ma rileggendoli ora,  in questo piccolo e prezioso librino verde, mi lasciano stupita e piacevolmente soddisfatta. Immagino che anche agli altri autori e autrici che hanno contribuito al volume sia andato un po’ così. Quindi un grande ringraziamento a chi ci ha offerto l’occasione di riflettere le nostre vite  in quegli anni lontani, così brillanti e trasparenti allo stesso tempo. Invece Vincenza ha scelto di non parlare di sé direttamente, ma ha saputo raccontarsi attraverso le parole degli altri, giovani e meno giovani, senza aggiungere e senza togliere nulla, lasciando, con delicatezza,  scorrere i ricordi di altri e altre incontrati nel suo percorso.
Perché allora questa paura di ricordare? Forse perché fra imprevisti e decisioni, per un attimo si è persa la rotta? come dice Marco Chiti. Forse per pigrizia o perché siamo tutti cambiati da allora, come è giusto che sia, ma non vogliamo ammetterlo. Leggendo gli altri testi mi sono accorta di coincidenze e contaminazioni musicali, letterarie e cinematografiche, scorci fiorentini, ma soprattutto l’amore,  gli ideali, i viaggi, reali o immaginari, il lavoro e in questo capitolo particolarmente interessante risulta l’esperienza di una giovane maestra, finita nel 1956 in una scuoletta  sperduta sugli Appennini, che ha insegnato tante cose ai suoi allievi, soprattutto “che il tempo passa e che gli uomini costruiscono tante cose con le mani e con il pensiero... e questa è la storia.” Ma ha imparato tanto anche dai suoi alunni, e “soprattutto che si poteva essere felici seduti su un muretto mentre si dondolavano i piedi avanti e indietro.”
Che nostalgia! Forse questo è il segreto del libro di Vincenza.

Marialuisa Bianchi 
19 maggio 2013

mercoledì 15 maggio 2013

PRESENTAZIONE LIBRO

Il libro è stato presentato, a Firenze, giovedì 2 maggio, alle 18, alla libreria IBS di via de’Cerretani, 16/r. Insieme all’autrice erano presenti il Prof. Ugo Di Tullio, Docente di Organizzazione dello Spettacolo Teatrale e Cinematografico dell’Università di Pisa e Amministratore Delegato Italy Film Investments e Laura Lodigiani, artista e giornalista.

Dopo la presentazione degli autorevoli relatori, Silvia Mastrorilli, giornalista de “La Nazione”, e Monica Lorusso, pediatra,  hanno letto alcuni brani dei loro racconti, che fanno parte del libro.

Una performance della cantante Chiara Riondino che, come sempre, ha coinvolto ed emozionato il pubblico, ha concluso il pomeriggio.

Presto per “I giorni dell’acqua verde- Ti racconto i miei 20 anni”, che sta riscuotendo grande interesse, ci saranno altre presentazioni in tutta Italia

PAROLA AI LETTORI...

Naturalmente il tuo libro l'ho letto il giorno seguente. Secondo me, se
questo era il tuo scopo, sei riuscita perfettamente a dare il senso del
sentire dei giovani. Dei giovani della mia generazione e di quelli
delle generazioni seguenti. E pur nella differenza tra le esperienze di
anni così diversi, pure si percepisce una specie di somiglianza (?) no, è
più corretto dire continuità. Non sono tanto diversi  i ragazzi che sono
venuti a Firenze per l'alluvione da quelli che vanno oggi in Africa o fanno volontariato
in Italia.
Alla fine della lettura mi è rimasta una sensazione che forse non so
descrivere bene, ma è come se mi avessero parlato e con quasi tutti avevo
stabilito una relazione, una corrispondenza. Avevo capito sul serio il
momento che stavano vivendo.
Dettaglio personale: alcuni miei amici vennero a Firenze in
quell'occasione, ma mio padre mi proibì assolutamente di andare ed io non
ebbi la forza di ribellarmi. Quello di non esserci stata è uno dei miei
rimpianti. La stessa storia si era ripetuta due anni prima per i funerali
di Togliatti a Roma. Mi consolai col film che proiettarono al Petruzzelli
tempo dopo.
Anna Maria Mancini, docente dell'Università

PAROLA AI LETTORI...

Bello il tuo libro, Vincenza.
Un libro difficile da leggere…ed è un complimento.
Mi spiego.
Di solito, quando si legge un libro ci immedesimiamo in uno dei personaggi e seguiamo con attenzione la sua storia e soprattutto i moti del suo animo.
Leggendo il tuo libro invece diventiamo noi stessi “ il personaggio” del libro ma non quello che leggiamo in quel momento, in quelle righe.
No, diventiamo proprio noi stessi il protagonista con il ricordo dei nostri vent’anni.
E qui comincia il difficile.
La nostra mente abbandona quelle righe, i ricordi si affollano e improvvisamente siamo…ventenni.
Che gran regalo ci hai fatto, Vincenza!
Poi ci ricordiamo del libro e allora ritorniamo su quelle righe e ricominciamo a leggere ma, nonostante la nostra buona volontà, dura poco.
Certo che se un libro deve stimolare il lettore a pensare, ad emozionarsi, ad identificarsi, a riflettere…il tuo è il libro perfetto.
E allora quelli della mia generazione si ritrovano su quella “locomotiva gettata a bomba verso l’ingiustizia”, seduti nelle piazze con la speranza infinita di riuscire a fermare non solo “quella sporca guerra del Vietnam” ma tutte le guerre del mondo, a trovare implicazioni politiche e culturali perfino nei fumetti di Linus, a pensare che il 2001 sarebbe stato come quello immaginato da Kubrick, ad essere convinti che una risata avrebbe seppellito il potere fine a se stesso…oddio ci sono cascato di nuovo!
Come vedi, mentre scrivo a te, la mente è ripartita e sono piombato di nuovo, profondamente nei miei vent’anni… non c’è difesa!
Stefano Angiolini, regista

domenica 12 maggio 2013

PAROLA AI LETTORI

Ciao Vincenza,

Grazie per il libro!! L'ho letto e devo dire che mi ha fatto un sacco ridere, riflettere e conoscere certe circostanze di cui conoscevo solo un pezzo di storia. Devo dire che alcuni di questi racconti li ho sentiti miei. Grazie ancora! 

Semira Tesfamicael , studentessa universitaria